Abbazia

L’Abbazia è un’antica comunità religiosa completamente autonoma dotata di un proprio regolamento e retta da un Abate…

Il termine Abbazia viene dal latino abbatìa formato su àbbas, cioè Abbate, pertanto l’Abbazia è una comunità di monaci governati da un Abate tuttavia, e in generale, per Abbazia s’intende non soltanto l’edificio in sé ma anche il complesso dei fabbricati che si svilupparono intorno come la chiesa, la sagrestia, l’armarium, la sala del capitolo, l’auditorium, il calefactorium, il refettorio, la cucina, il dispensarium, il chiostro, il lavabo, l’infermeria, le officine, il dormitorio, ecc.

In Calabria le Abbazie si svilupparono soprattutto nel periodo Normanno, e comunque in epoca medioevale, nel progetto di latinizzazione del culto e della lingua in Calabria e dell’intero meridione. Si ricordano le Abbazie di Santa Maria Vetere di Sant’Eufemia e quella della Santissima Trinità di Mileto, entrambe benedettine e considerate come centro d’irradiazione della cultura latina nell’Italia Meridionale, la prima edificata su un antico cenobio Bizantino. Altre, invece, si svilupparono intorno figure mistiche come l’Abbate Gioacchino da Fiore con l’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore, altre invece per opera dei monaci cistercensi come l’Abbazia di Santa Maria di Corazzo presso località Castagna in provincia di Catanzaro.

Principale caratteristica delle Abbazie, a differenza degli altri monasteri, era l’autonomia. Infatti, un’Abbazia poteva essere considerata come una comunità religiosa completamente autonoma dotata di un proprio regolamento, la costituzione, e retta da un Abate che presiede il Capitolo. In generale all’interno delle Abbazie l’attività liturgica occupava dalle 3 alle 4 ore giornaliere, il lavoro manuale durava invece circa 6 ore durante l’estate e molto meno in inverno, periodo dell’anno in cui si dedicava più tempo alla lettura e alla meditazione.

In poco tempo così gli Abati si trovarono a gestire patrimoni fondiari vasti, anche perché i monaci bonificarono le aree circostanti modificando il corso di torrenti, edificarono mulini ad acqua e costruirono acquedotti, furono ingegneri, muratori, fabbri, idraulici, alchemici, grandi amanuensi ma anche ottimi allevatori di bestiame e coltivatori dedicandosi al miglioramento delle colture arboree autoctone importando un patrimonio etno-antropologico del tutto nuovo. I monaci furono anche importanti cuochi importando diverse tradizioni culinarie con ricette inedite.

Il Capitolo era di certo uno dei momenti più importanti della vita quotidiana di un’Abbazia, un’assemblea dotata di una personalità giuridica autonoma a cui vi partecipavano tutti i membri. Dapprima si leggeva la memoria dei Santi che si celebravano in quel giorno, seguiva una breve orazione monastica con la spiegazione dell’Abate che presiedeva il Capitolo. Seguiva il momento più drammatico del Capitolo con l’invito dell’Abate a tutti i partecipanti di accusarsi delle proprie mancanze e delle eventuali trasgressioni alle norme o regolamenti dell’Ordine.

Si dava quindi a ogni colpevole una penitenza come gesti di umiliazione, digiuno, deposizione da un ufficio o anche punizioni corporali date sul posto, per colpe gravi erano addirittura previste la scomunica, l’espulsione o la prigione. Il Capitolo, infine, era anche l’occasione per dare annunci importanti come nuove nomine o elezioni degli ufficiali e anche il momento in cui il l’Abate assegnava ai monaci un loro lavoro o un compito specifico.

Ciao, sono Sergio Straface e sono un Antropologo. Mi occupo di ricerca etnografica e lavoro nel Marketing e nel Management dei Beni Culturali e del Territorio. Qui scrivo di tradizioni popolari e folklore – ricette e food – religiosità popolare – reportage – comunità storico-linguistiche calabresi – abbazie, chiese, conventi e santuari… insomma tutto quello che ha a che fare con l’universo etno-antropologico soprattutto in Calabria. Vai al Blog

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