I misteri della Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone in Calabria
La Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone, comunità Arbëreshë in provincia di Cosenza. Capolavoro d’arte dell’XI e XII secolo come sineddoche che potrebbe consentire l’accesso al bizzarro universo etno-antropologico di questo piccolo borgo Calabrese…
Le cose hanno personalità, e le personalità sono in qualche modo cose (Marcell Mauss).
San Demetrio Corone
Siamo a San Demetrio Corone, Shën Mitri in lingua arbëreshë. Un piccolo borgo in provincia di Cosenza che sorge sulle colline dalla pianura di Sibari a ridosso della Sila Greca. Tra i centri culturali più importanti della comunità Albanese Italiana.
Benché si tratti di un piccolo borgo (conta poco più di 3.000 abitanti) qui l’identità etnica arbëreshë è dominante e ancora viva. Si conserva, infatti, ancora la cultura e le bizzarre tradizioni, la lingua, il rito Bizantino e costumi coloratissimi.
Inoltre San Demetrio Corone è sede del Collegio Italo-Albanese di Sant’Adriano. Un importante organismo religioso e culturale per la conservazione del rito orientale, delle tradizioni e del patrimonio identitario arbëreshë.
E ancora, San Demetrio Corone diede i natali a Girolamo De Rada, padre della letteratura albanese moderna. E, per incalzare, questo grazioso paesino presilano custodisce uno degli edifici dei secoli XI-XII tra i più preziosi della Calabria: la Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone. Un autentico capolavoro. Luogo di virtuosismi plastici e spirituali dove eleganza e bellezza si fondono in un’estetica misteriosa e assieme seducente.
Il cenobio di San Nilo di Rossano
La Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone fu fondata da San Nilo di Rossano. Monaco basiliano, eremita e abate che, nel 955, edificò in questo luogo una Chiesetta dedicata ai Mariti Adriano e Natalia per istituire un cenobio non troppo distante dal villaggio.
Parrebbe che in poco più di un decennio questo cenobio divenne un notevole centro di attrazione per chi fosse alla ricerca di accoglienza spirituale.
Per creare un’immagine e vedere, grossomodo, come si svolgesse la vita monastica all’interno del cenobio di San Demetrio Corone è necessario ricordare velocemente la Regola Basiliana.
La regola basiliana fu dettata da San Basilio (329-379) con la Regulae fusius tractatae e la Regulae brevius tractatae. Con esse San Basilio invitava tutti (monaci e laici) a seguire uno specifico stile di vita per raggiungere la perfezione. I fondamenti erano il lavoro manuale (il corpo), la preghiera (lo spirito) e lo studio delle Sacre Scrittura (la mente).
Inoltre San Basilio preferiva il cenobio all’eremo, questo perché riteneva che i luoghi di preghiera e di lavoro in comune favorissero le relazioni e quindi l’aiuto reciproco tra i monaci. La ricompensa era il raggiungimento della perfezione.
I cenobi
Con l’istituzione di cenobi San Basilio volle quindi conferire una dimensione quasi familiare alle comunità di monaci che dovevano necessariamente coinvolgere la comunità civile nella vita della Chiesa. Da qui la sua scelta di fondare cenobi nelle vicinanze dei villaggi e delle città, o nelle loro vicinanze. E non in luoghi impervi, con la fondazione di città dette basiliane.
In questi luoghi la regola del silenzio e del raccoglimento era virtuosamente connessa alla dimensione caritativa funzionale, forse, anche all’esercizio pastorale.
Ma ritorniamo al 955 circa, a San Nilo di Rossano e al cenobio di San Demetrio Corone. Nella prima metà del 700 inizia la lotta detta iconoclasta per opera dell’imperatore Bizantino Leone III Isaurico che emanò l’editto che ordinava la distruzione delle immagini sacre e delle icone in tutte le province dell’Impero.
L’iconoclasta, assieme all’avanzata Mussulmana, causò la fuga dall’Oriente di monaci basiliani che, per sfuggire alla persecuzione, si rifugiarono nelle regioni dell’Italia meridionale e in Calabria. Terra favorevole anche perché offriva luoghi solitari come grotte e foreste, in particolare in Sila e sull’Aspromonte.
In ogni modo il cenobio di San Nilo fu definitivamente abbandonato dai monaci basiliani a seguito della distruzione e del probabile saccheggio da parte dei Saraceni. Per essere poi edificata la Chiesa di Sant’Adriano per opera dei Normanni nell’XI secolo.
Un atto di donazione del 1088 del duca Normanno Ruggero Borsa attesta la cessione della Chiesa Sant’Adriano ai monaci benedettini di Cava dei Tirreni. Con il conseguente passaggio dal rito Greco-Bizantino al rito latino.
I Normanni
E’ questo il periodo in cui i Normanni riorganizzarono i monasteri Greci in Calabria con la loro progressiva latinizzazione e romanizzazione. Processo che però trovò una forte resistenza dalle popolazioni locali (profondamente greche) e forse anche dagli stessi monaci.
Durante il periodo Normanno la Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone assunse evidenti caratteristiche romanico-normanne. E durante i primi anni del XII secolo il monastero fu restituito ai monaci Basiliani rimasti fedeli al rito Bizantino per essere ricostruito ex-novo tra la metà del XII e la prima metà del XIII secolo.
Per completare il processo, e per la precisione, nel 1187 la Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone compare nella lista dei monasteri che pagano il censo direttamente alla Sede Apostolica.
La Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone
La Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone ha di certo perso nei secoli l’originaria unità strutturale e architettonica. Mantiene e mostra però sovrapposizioni di linguaggi e messaggi stilistici differenti che esibiscono una raffinata eleganza definita dagli specialisti tra il mostruoso, il misterioso e il fantastico.
Per via della chiusura del portale principale nel 1856 l’accesso alla Chiesa è dato da due ingressi laterali. Quello principale è sotto il grosso campanile in pietre e mattoni. L’altro è denominato Porta dei Monaci perché consentiva l’accesso alla Chiesa dei monaci dall’attiguo Collegio italo-albanese con stipiti in marmo e due mascheroni in pietra.
All’interno le 3 navate sono a copertura lignea e 4 arcate fiancheggiano la navata centrale sorrette da colonne antiche e da pilastri di fabbrica.
Le pareti sono affrescate con raffigurazioni di Santi databili tra il XII e il XIII secolo. Nell’abside è visibile una scena di un più ampio ciclo, la Presentazione di Maria al Tempio. Mentre in fondo alla navata centrale è collocata una cupola barocca dove è raffigurato il Creatore con Santi monaci, Suore e San Nilo in preghiera davanti al Cristo in Croce e la mano destra protesa nell’atto di benedirlo.
L’altare maggiore è datato 1731, attribuito a Domenico Costa. Sopra campeggia una tela del Martirio di Sant’Adriano probabilmente del pittore Francesco Saverio Ricci. Nelle due nicchie ai fianchi della tela, sono collocati due busti lignei del 1600 raffiguranti Sant’Adriano e Santa Natalia.
Nell’altare a sinistra è raffigurata la Madonna con San Nilo e San Vito, mentre in quello di destra è raffigurato San Basilio.
Il pavimento
L’autentico capolavoro della Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone è il pavimento, realizzato tra il XII e il XII sec. Parte in opus sectile e parte in mosaico.
Qui i quattro mosaici presentano altrettante scene.
Gli Arbëreshë di San Demetrio Corone
Parrebbe che le prime massicce migrazioni di colonie Albanesi in Calabria risalgono al 1461-1470 quando gruppi di Albanesi, al seguito di Giovanni Castriota Scanderbeg, giunsero nelle zone del Regno di Napoli.
In questi anni Giorgio Castriota Skanderbeg arrivò in Italia con un corpo di spedizione in aiuto a Ferdinando I d’Aragona nella lotta contro Giovanni II d’Angiò.Così, per i servizi resi, fu concesso ai soldati Albanesi e alle loro famiglie di stanziarsi prima in Puglia e di seguito in Calabria.
Negli anni 1470-1478 s’intensificarono i rapporti tra il regno di Napoli e i nobili Albanesi in seguito al matrimonio tra Irene Castriota (nipote di Skanderbeg) e il principe Pietro Antonio Sanseverino di Bisignano in Calabria. Fu questo il periodo in cui gruppi di Albanesi d’insediarono in Calabria e nell’attuale San Demetrio Corone. Nelle terre dell’antico monastero italo-greco di Sant’Adriano, magari attirati dall’elemento greco che qui era ancora vivo.
Bisogna precisare che in questi tempi quello di Sant’Adriano era ancora tra i più famosi monasteri calabro-greco della Calabria e veniva officiato il rito greco-ortodosso, di certo familiare agli Albanesi. Inoltre, probabilmente la Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone ricordava anche da un punto di vista architettonico e stilistico motivi assai familiari agli esuli Albanesi.
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Capolavoro
Come anticipato la Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone è un autentico capolavoro. Un capolavoro di estetica e di eleganza. L’eleganza della tradizione sedimentata in cose che con personalità guadagnano qui una valenza sineddotica per alimentare quel patrimonio di eredità così esibito dalla comunità arbëreshë di San Demetrio Corone.
La Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone è un capolavoro che consiglio di visitare nel tentativo di accedere in quel bizzarro universo etno-antropologico arbëreshë di San Demetrio Corone. E magari scoprire qualcosa che ancora ci sfugge.
A presto, Sergio.
Ps: la foto in testa è tratta da Google Immagini. Le foto dei mosaici del pavimento della Chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone sono tratte dal sito Italia nell’Arte Medievale.
Buonasera Signor Straface, complimenti per l’articolo e per il blog. Avrei bisogno di un’informazione da chiedervi a proposito dell’articolo: come si raggiunge San Demetrio Corone con i mezzi pubblici? in che orari è possibile visitare la chiesa? So che tali argomenti non siano il vostro campo, ma purtroppo non riesco a reperire tali informazioni …Grazie in anticipo
Salve,
mi fa molto piacere le sia piaciuto l’articolo e il blog. Le rispondo in privato.
A presto e grazie,
Sergio