I riti della settimana santa in Calabria: il rito dei battenti di Nocera Terinese
I Battenti di Nocera Terinese in provincia di Catanzaro, un antico rito di flagellazione che si ripete ogni anno la notte del venerdì e il giorno del sabato santo durante la processione della statua della Madonna Addolorata…
L’assurdo non è nell’uomo né nel mondo, ma nel rapporto (Albert Camus).
Il sangue come premessa
L’antropologo calabrese Luigi Maria Lombardi Satriani, nel suo De sanguine, un libro al quale sono particolarmente legato sia per l’eleganza narrativa che per avermi rivelato il linguaggio del sangue nelle culture tradizionali, ci ricorda come il sangue che scorre e che pulsa nelle nostre vene garantisce il fluire della vita. Fin qui tutto chiaro.
Di seguito, però, il prof. incalza insistendo su come in numerose espressioni della cultura folklorica vengono presentate situazioni nelle quali il sangue svolge una funzione decisiva, centrale. Perché centrale è l’elemento del sangue in diversi passaggi nella religione popolare, così come nell’orizzonte magico o nei rapporti interpersonali. E a questo punto diventa tutto più complesso.
Diventa tutto più complesso esattamente perché questo avviene a Nocera Terinese. Piccolo borgo in provincia di Catanzaro in Calabria, durante il rituale dei vattienti, un rito di flagellazione che ha come elemento centrale il sangue appunto.
Un rito che lega
Un inciso, il rito dei battenti di Nocera Terinese (vattienti in dialetto locale) è un rito assurdo, scioccante. Un rito potente capace di unire e dividere, di includere ed escludere, di coinvolgere e sconvolgere, è il rito degli opposti. Qui le apparenti tendenze dissocianti delle opposte emozioni incredibilmente coesistono per diventare complementari più che conflittuali.
Ma prima ancora, e per l’esattezza, il rito dei battenti di Nocera Terinese è un rito che lega. E’ un rito che lega esattamente perché il sangue crea legami, e solo chi ci è stato può capire la potenza e l’essenza di questo legame. Un legame segnato dal contatto con il sangue, quel sangue che scorre in abbondanza il sabato santo per le strade e i vicoli strettissimi di Nocera Terinese.
E allora, durante il rito dei battenti di Nocera Terinese è pressoché impossibile non avere un qualche rapporto con il sangue, e il sangue si rivela in tutta la sua potenza. Ma andiamo per gradi.
Questo rito non s’ha da fare…
Come già sappiamo, il rito dei battenti di Nocera Terinese è il rito degli opposti. E’ un rito capace di unire e dividere, di includere ed escludere, di coinvolgere e sconvolgere. In effetti, nel corso del tempo, furono in tanti a opporsi e a prodigarsi per ostacolarlo o addirittura vietarlo, tutti tentativi falliti naturalmente. Fin quando nel 1981 un uomo di Chiesa di grande carisma ha tradotto il volere del popolo, e anche quello della Chiesa.
E allora, correva l’anno 1958 quando Monsignor Saba, vescovo di Tropea, in uno scritto pubblicato in un bollettino invitava la comunità nocerese ad abbandonare la pratica penitenziaria. E questo perché si tratta di uno spettacolo che richiama centinaia di fanatici, uno dei più barbari e incivili, e sta a dimostrare la mentalità retrograda degli attori e degli spettatori.
Ma prima ancora, si racconta di un intervento dei Carabinieri chiesto dalle autorità ecclesiastiche, un parroco in particolare. Intervento che procurò qualche ora di carcere per i vattienti malcapitati e, ironia della sorte, il successivo allontanamento del prete dalla città.
Così, trascurando altri curiosi interventi, e per arrivare al 1981: esiste il pericolo di annettere a tali espressioni dello spirito un senso solo antropologico e sociologico di subcultura, escludendo e ignorando il contenuto genuinamente religioso. Un dettaglio, l’uomo di grande carisma e di spiccato ingegno si chiamava Karol Józef Wojtyła, alias Papa Giovanni Paolo II.
E allora, il rito dei vattienti a Nocera Terinese s’ha da fare, nonostante ancora oggi in molti rimangono turbati…
La statua della Madonna Addolorata
‘A pietà… e cchi è a pietà! (Anonimo Nocerese)
Per intenderci, il rito dei battenti di Nocera Terinese è connesso alla statua della Madonna Addolorata. Si tratta di un’incredibile e carismatica pietà in legno capace di provocare esperienze mistiche e manifestazioni di devozione popolare che frequentano il confine dell’assurdo, dell’incomprensibile. Con declinazioni di fede più uniche che rare, vedi pure i vattienti e il trionfo del sangue… ma non solo.
Un altro inciso, la statua della Madonna Addolorata di Nocera Terinese è detta anche ‘U piruna. Questo perché si racconta che la scultura sia stata realizzata da un pastore usando un unico tronco di pero selvatico e, come ci ha detto l’anonimo nocerese, la scultura di Nocera Terinese nulla ha a che vedere con la pietà o le pietà più famose.
Un anziano vattiente parla di questa statua come impressionante, perché impressionanti sono le emozioni che trasmette. E allora, sarà l’espressione estatica e drammaticamente sofferente di Maria. Sarà il volto o la postura del cristo morto completamente abbandonato all’umano e assieme divino dolore della madre. Sarà il rapporto, la relazione intima che s’instaura tra la pietà e il fedele. Sarà…
…sarà, ma la Pietà di Nocera Terinese è veramente impressionante. Trasmette qualcosa di arcaico, di magico, e il mistero della morte conduce al popolo di Cristo a genuini atti di devozione perché forse è così che si fa. Pare che solo nei dettagli si cela l’irresistibile intensità delle passioni.
La processione della Madonna Addolorata e il rito dei battenti di Nocera Terinese
Bene, sappiamo che il rito dei battenti di Nocera Terinese è connesso alla sua Pietà. E dobbiamo sapere che è complementare alla processione della Madonna Addolorata, o meglio alle 2 processioni.
Questo complesso rito ha inizio a partire dal venerdì sera, quello che precede la domenica di Pasqua. Così, dopo l’adorazione della Croce, la statua della Madonna Addolorata è portata in processione nella Chiesa di San Giovanni per la predica. Predica che si alterna ad antichi canti intonati dai fedeli e, al termine, la statua della Madonna Addolorata farà rientro nella Chiesa Madre.
E allora, è in questi passaggi del venerdì sera che avviene il primo incontro dei vattienti con la statua della Madonna Addolorata. E in questi primi incontri i battenti di Nocera Terinese iniziano il loro rito di flagellazione, prima davanti la Chiesa, di seguito al loro incontro con la pietà appunto.
La seconda, invece, avviene il giorno successivo, il sabato santo. Si tratta di un’interminabile processione che si avvia dalla Chiesa Madre alle ore 10 circa del mattino per percorrere le strade e le strette vie di Nocera Terinese. Processione che farà tappa al Convento dei Cappuccini in cima al paese per poi riscendere e concludersi in serata con il rientro nella chiesa.
I battenti
Ed è esattamente in contemporanea a questa seconda processione che è possibile ri-vedere uomini scalzi che si muovono velocemente e senza sosta per le strade e i vicoli del borgo. Sono vestiti con maglia e pantaloncino neri, in testa portano una corposa corona di asparagi, in una mano stringono il cardo e nell’altra la rosa. Sono i battenti di Nocera Terinese.
I vattienti si battono, feriscono le loro gambe quasi delicatamente lasciano il loro fluido votivo per le strade e l’odore dolce e insieme amaro del sangue mischiato a vino e aceto entra in gola. E’ da questo momento che s’insinua il legame con il sangue, quel legame che fa tremare le mani e anche le gambe.
E poi l’Ecce homo, un bambino o uomo legato con una cordicella a ogni vattiente, anche lui scalzo. In testa porta una corona di spine detta spina santa, con le due mani impugna una croce rossa che porta dietro poggiandola su una spalla. E’ vestito con una tunica rossa che lascia scoperti petto e spalle, petto segnato con l’impronta della rosa insanguinata del suo vattiente.
Li seguono il portatore di vino e, in genere, un familiare o caro amico. Il primo aiuta il vattiente a ripulirsi del sangue, il secondo lo assiste spiritualmente e fisicamente per tutto il tragitto.
Il mistero dei battenti di Nocera Terinese
Strano ma vero, i battenti di Nocera Terinese ‘on patanu nenta, cioè non sentono alcun dolore. E questo perché si battono per voto, e pare che la Madonna abbia concesso la grazie della rosamarina, il rosmarino.
E allora, durante la loro vestizione, i vattienti fanno bollire alcuni rami di rosmarino per bagnare le gambe. L’intruglio magico e ancora caldo ha il potere di far fluire il sangue nei punti scelti, dietro le cosce e sui polpacci. Punti che saranno colpiti prima con i palmi delle mani e di seguito, per tutto il rito di flagellazione, con il tocco non casuale del cardo.
Il cardo, un disco di sughero con 13 triangolini di vetro con il quale il vattiente ferirà le sue gambe, e questo perché i 12 triangolini rappresentano gli apostoli mentre il tredicesimo Gesù Cristo. E poi la rosa, un altro disco di sughero questa volta senza vetri che servirà per far fluire abbondanti quantità di sangue per le strade e sugli usci delle case e delle chiese.
Ora, si può anche scegliere di non credere nella magia o nella fede, e magari preferire termini più o meno scientifici. In ogni modo stiamo parlando di un rito unico in tutta l’area mediterranea (insieme a quello molto simile praticato la notte del giovedì santo nella vicina Verbicaro) e la rosamarina servirà anche per cicatrizzare le ferite dei vattienti, e funziona veramente.
Leggi anche: I riti della settimana santa in Calabria: i Battenti di Verbicaro
Una bizzarra interpretazione
Per molti l’origine del rito dei battenti di Nocera Terinese si perde nella notte dei tempi. Secondo altri rimanda a riti propiziatori di fecondità propri del mese di marzo. Quando, con l’offerta del sangue, si celebrava il ritorno alla primavera conferendo alla vegetazione la forza di rinascere.
Altri, invece, riscontrano in questo rito la struttura penitenziaria delle prime pratiche ascetiche medioevali. Altri ancora interpretano i battenti di Nocera Terinese come una sorta di seguito dei flagellanti o disciplinati che costituivano le confraternite medioevali.
La mia…
Insomma, tutti potrebbero avere ragione, e magari così è. In una bizzarra interpretazione, la mia, potrebbe esserci addirittura una notte e un tempo, e nella notte di quel tempo un segno, una potente ed efficace impronta.
E allora, la notte è il 14 del primo mese di primavera, il tempo è quello biblico di Mosè e Aronne. E così: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. […] e lo custodirete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà tra i due vespri. […] Poi si prenda del sangue d’agnello e lo si metta sui due stipiti e sull’architrave della porta delle case dove lo si mangerà. […] Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne (Esodo 12,1 – 12,46).
E a Nocera Terinese avviene qualcosa di molto simile. Di generazione in generazione come un rito perenne, e spesso per grazia ricevuta o per grazia voluta, e questo perché così è (se vi pare).
A presto, Sergio.
Rito molto bello e di grande impatto visivo. Complimenti Sergio articolo particolare!
Si Antonietta, è un rito incredibilmente bello e particolare. Grazie!
A presto,
Sergio
Articolo interessante e allo stesso tempo esaustivo. Complimenti!
Mi fa piacere ti sia piaciuto Alessandro! Grazie…
A presto,
Sergio
Ecco, dopo aver letto il tuo articolo credo di aver ancora di più capito questo incredibile rito. Come sempre non ti smentisci mai Sergio, complimenti!
Ciao Raffaella, sei sempre troppo generosa. Hai ragione, si tratta di un rito incredibile, lascia di stucco. Grazie!
Al prossimo articolo allora…
Sergio
Ciao Sergio, ho letto questo tuo interessante articolo e ne ho parlato alla mia classe di ragazzi stranieri… complimenti vivissimi, soprattutto per la tua interpretazione, credo anch’io che si possa trattare del rito perenne!!! Grazie infinite per i tuoi, tento preziosi, contributi.
Ciao Rosamaria,
grazie per aver condiviso questa mia interpretazione (rito perenne) con la tua classe di stranieri.
A prestissimo,
Sergio