La nascita dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore in Calabria
L’abbazia Florense di San Giovanni in Fiore in provincia di Cosenza in Calabria. Autentico tesoro di arte e di cultura. Scrigno ed emblema di una tradizione spirituale e culturale la cui nascita è legata alla straordinaria figura dell’Abate Gioacchino da Fiore…
Ci sono storie incredibili per definizione, quelle storie caratterizzate dalla presenza di artisti, geni, personaggi mitologici, profeti, leggende. Ci sono, però, storie incredibili che sono decisamente più incredibili di altre. Una di queste è la storia della nascita dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore.
E’ una storia incredibile perché stiamo parlando di uno tra i più grandi edifici religiosi della Calabria. Una storia anticipata, pre-vista, voluta e compiuta da un uomo, un profeta, un mistico, un asceta, un visionario, un abate rivoluzionario. Il grande Gioacchino da Fiore.
San Giovanni in Fiore
E allora San Giovanni in Fiore in provincia di Cosenza (o meglio Sangiuvanni), il più vasto e popolato centro abitato della Sila, nel Parco nazionale della Sila. E, con i suoi circa 17.000 abitanti (i Sangiuvannisi), San Giovanni in Fiore è anche il centro più popolato dei comuni italiani oltre i 1.000 metri.
Per continuare, fu esattamente a San Giovanni in Fiore dove furono catturati i fratelli Bandiera. Successivamente giustiziati nel luglio 1844 per via del loro tentativo di sollevare le popolazioni locali del Regno delle Due Sicilie contro il governo di Ferdinando II nel progetto di unificazione nazionale.
E ancora, oltre ad avere un centro storico incredibilmente bello e ricco di scorci capaci di levare il fiato con notevoli edifici e costruzioni d’interesse storico-artistico, San Giovanni in Fiore conserva tutt’oggi leggende, tradizioni (come la tessitura) e antiche ricette dai profumi che in effetti, e in qualche modo, toccherà raccontare.
Per risalire al nome e all’origine della capitale della Sila dobbiamo ritornare tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII. Esattamente il periodo storico in cui l’abate Gioacchino da Fiore costruì qui un Protocenobio, e abbiamo anche due indizi: un santo e un fiore, ma prima ancora Gioacchino…
Gioacchino da Fiore, un profeta rivoluzionario
Gioacchino da Fiore nacque a Celico in provincia di Cosenza tra il 1130 e il 1135 e, analogamente a Francesco di Bernardone (San Francesco d’Assisi), proveniva da una famiglia legata alla borghesia locale. Privilegio che gli permise di studiare nei cenobi di Cosenza e raggiungere, tra l’altro, anche una raffinata conoscenza del greco e del latino.
E analogamente a Francesco d’Assisi anche Gioacchino partì per la Terra Santa, era però la seconda crociata del 24 luglio 1148. Lasciata la Palestina, dopo una breve sosta in un monastero siciliano di rito greco, Gioacchino fece ritorno in Calabria. In questo momento accade qualcosa d’incredibile.
Si narra che Gioacchino percorse la strada che seguendo il fiume Corace lo avrebbe condotto a Celico. Così, passando esattamente nei luoghi dell’Abbazia di Santa Maria di Corazzo, incontrò un misterioso monaco greco che, seduto su un masso sulle rive del fiume Corace, gli commentò la parabola dei talenti. Pare che in questo momento Gioacchino ebbe la sua visione e fu esattamente da questo masso che partì la rivoluzione Gioachimita.
La storia
Per ritornare alla storia, fu verosimilmente qui che il grande Gioacchino da Fiore scrisse le sue opere principali. E fu nell’Abbazia di Santa Maria di Corazzo che …il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato (così come definito da Dante Alighieri nel XII Canto del Paradiso) divenne Abate, era 1177.
Non fu un caso che il poeta riconobbe in Gioacchino come chi per primo annunciò il rinnovamento morale della chiesa con l’avvento finale dell’età dello spirito. Età dello spirito come compimento di una democrazia mistica senza signori e senza chiesa.
Se la storia della nascita dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore è una storia più incredibile di altre, è perché Gioacchino da Fiore fu una personalità completamente fuori dai canoni dell’epoca. La sua posizione fu assolutamente nuova e senza precedenti con idee profetiche e mistiche desiderose di ribaltare convenzioni tradizionali.
Per fare un accenno alla sua visione, Gioacchino comprendeva la trinità come misura di tutte le cose (anche della storia) e a ogni persona corrispondeva un’epoca. Al Padre il tempo dell’antico Testamento. Al Figlio l’epoca del Nuovo Testamento. Allo Spirito Santo il periodo in cui l’umanità vivrà di purezza e libertà, e precisamente a partire dal 1260. Sarà questo un periodo senza conflitti e senza guerre.
Per dirla altrimenti, se fino allora la storia era considerata come ciclica, con il ripetersi perpetuo di fasi e cicli storici lasciando poco spazio al progresso e al cambiamento, con Gioacchino non sarà più così.
E ancora
Mentre in questo periodo più o meno tutti s’interrogavano sulla fine della storia con idee apocalittiche conseguenti dal vecchio millenarismo, Gioacchino prospetta un’età dell’oro rivolgendo lo sguardo a un futuro migliore e auspicabile.
Così, con il suo monachesimo rurale, Gioacchino propose una sorta di teologia della rivoluzione, peraltro ancora attuale. Non bisogna respingere il mondo come male e abbandonarlo ma occorre respingere il mondo come male per trasformarlo. Su quest’argomento Gioacchino scrisse De vita sancti benedicti et de officio divino secundum eius doctrinam dove rivela come le forme del monachesimo tradizionale non erano più adatte ai tempi, era il 1186 e fu una svolta per Gioacchino da Fiore.
Per ritornare al nome e all’origine della capitale della Sila. Dopo qualche anno dalla stesura del De vita sancti benedicti et de officio divino secundum eius doctrinam Gioacchino abbandonò definitivamente l’Abbazia di Santa Maria di Corazzo e l’ordine cistercense ritirandosi nell’eremo di Pietralata.
Da Pietralata, nel 1191, Gioacchino risalì in Sila assieme a Raniero di Ponza, precisamente tra il fiumi Neto e Arvo in un territorio chiamato Jure Vetere (antico fiore). Qui costruì il Protocenobio di Jure Vetere assieme a una comunità di eremiti.
Il Protocenobio di Jure Vetere
Pare che Gioacchino battezzò questi luoghi San Giovanni, esattamente come l’apostolo evangelista apocalittico esempio di vita contemplativa, affiancandogli uno Jure (il fiore) simbolo di amore platonico e di nuova vita. Gioacchino scelse questo luogo per edificare la sua Abbazia probabilmente perché si tratta di un sito ameno e particolarmente tranquillo, capace di stimolare la spiritualità e praticare il monachesimo rurale. E così fu.
Ma prima ancora il Protocenobio di Jure Vetere presentava un’architettura insolita. Benché fosse a croce latina presentava un’unica navata con abside centrale e due cappelle laterali chiuse. Inoltre il Protocenobio comprendeva altri edifici come officine, laboratori, stalle e granai.
In questi anni e in questi luoghi Gioacchino da Fiore maturò l’ordine florense riconosciuto e approvato dal papa Celestino III il 24 agosto 1196, nonostante il capitolo generale cistercense avesse condannato Gioacchino come fuggitivo. Qualche anno più tardi, nel 1215, il IV concilio Lateranense condannerà la sua dottrina.
L’incendio
Accadde però che nell’estate del 1214 un incendio devastò il Protocenobio di Jure Vetere con tutti gli altri edifici. Gioacchino, però, non vide mai la sua Abbazia bruciare.
Il grande Gioacchino da Fiore morì nel 1202 nel monastero di San Martino di Canale a Pietrafitta e fu qui seppellito. Il suo corpo venne di seguito traslato nella chiesa dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore quando era ancora in costruzione, era il 1226. L’iscrizione sulla tomba dice: Hic Abbas Floris Caelestis Gratiae Roris.
Di seguito all’incendio del Protocenobio, i monaci di Gioachino scelsero di ricostruire il complesso badiale poco distante qualche chilometro da Jure Vetere, e grande circa il doppio, su un costone roccioso sulla valle del fiume Neto, fondando l’imponente Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore, era il 1215.
L’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore
L’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore è un autentico tesoro di arte e di cultura. Scrigno ed emblema di una tradizione spirituale e culturale ancora viva, con soluzioni architettoniche dai significati simbolici che richiamano la visione di Gioacchino.
E allora, la facciata principale della chiesa è sprovvista di rosone spostato su quella posteriore con un rosone centrale più grande circondato da 3 più piccoli disposti a triangolo attorno al primo.
La chiesa in stile romanico trasmette semplicità e assieme potenza. Si accede dal portale gotico del 1220. La navata unica allungata è in pietra nuda priva di decorazioni. L’altare è barocco con una statua lignea di San Giovanni Battista. Mentre i 4 rosoni alle sue spalle conferiscono una sorprendente atmosfera con uno straordinario gioco di luci e ombre.
Alla destra dell’altare una scalinata porta alla cripta con l’urna delle spoglie di Gioacchino da Fiore alla sinistra, invece, su un altare una teca custodisce il corpo ricostruito dell’Abate.
In origine e oggi
In origine il complesso monastico, oltre all’Abbazia, comprendeva una serie di edifici come officine, cucine, falegnameria, ricovero degli attrezzi e altri edifici per il riposo e per il ricovero di chi qui arrivava.
Oggi, nelle sale dell’Abbazia è ospitato il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti. Istituito nel dicembre del 1982 e riconosciuto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per l’attività di promozione, ricerca e diffusione del pensiero Gioachimita nel mondo.
E ancora, il pian terreno e il primo piano dell’ala est dell’Abbazia ospitano invece il Museo Demologico dell’Economia, del Lavoro e della Storia Sociale Silana. Inaugurato nel 1984 e considerato uno tra i musei etnografici più interessanti del Sud Italia, con annesso il Fondo fotografico Saverio Marra (1894 – 1978) autore di una documentazione fotografica autentico capolavoro di antropologia visuale.
Leggi anche: I misteri della chiesa di Sant’Adriano di San Demetrio Corone in Calabria
Una storia incredibile
Quella della nascita dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore è una storia incredibile. Incredibile perché è incredibile la figura del grande Gioacchino da Fiore. Un abate rivoluzionario capace di stravolgere antiche certezze e influenzare, anche, la filosofia storica del XIX secolo.
Alla logica trinitaria è improntata tutta la filosofia hegeliana. Friedrich Schelling invece, richiamandosi a Gioacchino da Fiore, pensava a un terzo momento della filosofia positiva, quello della religione filosofica.
Anche Auguste Comte sostiene la teoria dei tre stati con l’annuncio dell’avvento della religione positiva, in altre parole il Regno dell’uomo sul mondo. E ancora, il filosofo marxista Ernst Bloch riferisce di un Marx prima di Marx, Gioacchino da Fiore appunto, che rappresentava lo spirito dell’utopismo sociale rivoluzionario cristiano.
E addirittura James Joyce nel suo Ulysse: Per chi leggevi le sbiadite profezie dell’abate Gioacchino? Per la marmaglia delle chiese? Egli, odiatore dei suoi simili, fuggì lontano, nella Silua la criniera schiumante alla luna, agli occhi alle stelle…
A presto, Sergio.
Ps: conservo ancora un vecchio quadro in bassorilievo, si chiama Arco Abate Gioacchino da Fiore, sarebbe l’Arco florense. Un ricordo dello spazio vissuto e dove sono custoditi ricordi d’infanzia… l’arco risale agli inizi del XIII, era la porta d’accesso dell’originario impianto murario dell’intero complesso monastico.
Le immagini sono tratte da Google Immagini.
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