La tecnica tradizionale grecanica di costruzione di un cucchiaio di legno
Nell’area grecanica calabrese si custodiscono ancora tecniche tradizionali dell’arte dei pastori per la realizzazione di utensili domestici un tempo impiegata dalle comunità rurali come un cucchiaio di legno…
L’estetica è qualcosa a cui ricorrono continuamente tutti gli organismi, e non solo i critici d’arte e i filosofi (Gregory Bateson).
Una premessa… sistemica
Gregory Bateson, tra i più grandi epistemologi dello scorso secolo, in uno dei suoi metaloghi, cioè conversazioni immaginarie tra padre e figlia, suggerisce che la parola estetica vuol dire sentire. Sentire con il corpo, con i sensi.
Ne consegue che possiamo sperimentare la sensazione di essere di fronte al bello quando ci sentiamo di far parte di un contesto, di un sistema equilibrato e vivente. E questo perché l’estetica è probabilmente la sensazione di riconoscere qualcosa di familiare, qualcosa che fa parte di un ampio sistema.
Gregory Bateson voleva dirci che se uno si sente bene nel sistema allora sente di trovarsi di fronte al bello. E questo perché la bellezza non è una cosa ma una relazione, una relazione tra soggetto e oggetto.
A questo punto del metalogo la figlia ricorda quanto diceva Platone, cioè che noi non conosciamo le cose, ma le riconosciamo. E allora il padre: noi, attraverso gli occhi di migliaia e migliaia di generazioni che ci hanno preceduto, abbiamo ammirato i tramonti, le nuvole, le foreste, gli animali, le montagne. E’ come se, nascendo oggi, avessimo dentro di noi il ricordo, o meglio è come se fossimo adattati o predisposti a riconoscere i tramonti e i mari e gli alberi, come dice Platone… solo che non siamo stati noi a guardare tutte queste cose, sono stati loro, gli antenati.
L’arte di alcuni (nostri) antenati, i pastori
In altri termini Gregory Bateson ci invitava a sperimentare il mondo ecologico, o meglio eco-logico. E allora, per fare un esempio eco-logico, le conocchie del Museo Calabrese di Etnografia e Folklore “Raffaele Corso” di Palmi sono realizzate da pastori-artigiani calabresi con una tecnica ereditata dai loro antenati. Si tratta di una tecnica del tutto simile a quella impiegata per costruire altri utensili domestici.
Per intenderci, le conocchie sono strumenti usati sin dall’antichità (e anche nel mito) dalle donne durante la filatura di canapa, cotone, lana, lino, simbolo delle virtù domestiche e femminili.
Così, i pastori durante le soste tra le montagne si dedicavano alla costruzione di utensili come conocchie appunto, fusi, e anche cucchiai. Mestoli, scodelle, piatti, stampi per dolci o per formaggio, collari animali, bastoni, strumenti musicali e altro ancora. Erano utensili tutti in legno, una delle principali materie prime impiegate dalle popolazioni rurali per costituire il loro universo materiale.
E allora, ancora oggi c’è chi si occupa della lavorazione del legno per creare, quasi per magia, forme tradizionali di bellezza disarmante. Sono uomini che hanno ereditato dagli antenati l’arte dei pastori, spesso sostenuti da associazioni e cooperative locali.
Eredità
Bene, a Pentedattilo, incredibile borgo abbandonato dell’area grecanica calabrese, c’è chi ancora custodisce il ricordo della lavorazione tradizionale del legno. Qui un laboratorio artigianale, il Laboratorio artigianale del legno, è impegnato nella valorizzazione dei saperi e delle tecniche dell’arte dei pastori con lavorazione grecanica.
Ed è esattamente qui che ho osservato Girolamo, un artigiano-artista di Ghorìo di Roghùdi occupato a realizzare un cucchiaio di legno. Esattamente con la stessa tecnica impiegate per la realizzazione delle conocchie, così come per tutti gli altri utensili domestici che un tempo erano impiegati dalle comunità rurali.
Tecnica tradizionale di costruzione di un cucchiaio di legno
Girolamo è seduto sull’uscio di una porta con difronte un ceppo di legno che servirà come base per adagiare il legno da cui ricavare il cucchiaio. In questa posizione, raccontandomi alcuni aneddoti, Girolamo sfoglia il legno con ripetuti e misurati colpi di accetta.
Ma prima ancora il legno viene scelto privo di nodi o spaccature, compatto, generalmente di castagno perché più morbido da lavorare e più dolce, cioè non altera il sapore dei cibi. Dopo ripetuti colpi di accetta Girolamo ricava un cucchiaio di legno al momento solo abbozzato e piuttosto lungo, da definire prima con il catafuri e infine con il rasolu.
A questo punto, Girolamo impugna il catafuri o cavaturi (coltellino uncinato con una piccola paletta concava ovale affilatissima infilata in un manico in corno) per realizzare l’incavatura del cucchiaio scavando energeticamente verso l’interno per conferire un effetto tridimensionale. Di seguito, ancora con il catafuri, Girolamo rincava l’incavo a forma di triangolo rovesciato della parte superiore del manico.
Così facendo, dopo qualche ora di lavoro Girolamo completa il cucchiaio con decorazioni a intaglio con il rasolu (coltello dritto con impugnatura di corno di capra e lama di rasoio). Si tratta di decorazioni tradizionali dell’area grecanica, e comunque legate alla tradizione bizantina con losanghe, denti di lupo e soprattutto croci greche.
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Eredità da ereditare
Insomma, ereditare l’eredità dei nostri antenati è un’opportunità. Un’opportunità che si traduce nella consapevolezza di ciò che si è stati e di ciò che si è.
Però, come ricorda l’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, non tutto deve essere ereditato, molto dovrà essere lasciato cadere. Tutto è in continuo divenire, tutto è mutevole, così come la tradizione, anche perché superato dallo sviluppo della società del suo senso critico, dalle sue esigenze complessive.
Tuttavia, ereditare alcune eredità significa connettersi con i nostri antenati. Anche perché non siamo stati noi a guardare tutte queste cose, sono stati loro, gli antenati, così come la tecnica tradizionale di costruzione di un cucchiaio di legno.
A presto, Sergio.
Ps: l’articolo è un estratto da un articolo con reportage completo in corso di pubblicazione. Si ringrazia Giusy Siviglia, Girolamo Stelitano, Carmelo Toscano.
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